Nel giro di 12 giorni sono stati eseguiti all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo due trapianti di polmone su due bambine di 6 e 14 anni, non residenti in Lombardia, utilizzando in entrambi i casi lobi polmonari, cioè polmoni divisi a metà, di donatori più grandi.
In particolare, per la prima delle due pazienti, i due lobi sono stati ottenuti con la tecnica 'split', che consiste nella divisione del polmone del donatore, in questo caso il sinistro perchè il destro era danneggiato ed inutilizzabile. Il lobo superiore dell'organo sano, ruotato di 180°, è stato trapiantato al posto del polmone destro della bambina, mentre il lobo inferiore al posto del sinistro.
Si tratta del terzo trapianto di questo tipo eseguito finora in Italia dopo quelli del 2007 e del 2009, sempre eseguiti dall'èquipe di Michele Colledan, direttore della Chirurgia 3 del Papa Giovanni XXIII, agli allora Ospedali Riuniti di Bergamo.
La tecnica split di divisione di un organo è frequentemente impiegata nel trapianto di fegato - Bergamo è tra i centri con maggiore esperienza al mondo -, mentre le sue possibilità di impiego in ambito polmonare sono decisamente più limitate.
Anche per il trapianto della seconda bambina si è fatto ricorso ad una tecnica particolare, perchè i polmoni del donatore sono risultati più grandi del previsto. I due lobi sono stati quindi ottenuti utilizzando solo la parte inferiore dei due polmoni del donatore.
Le bambine sono entrambe affette da fibrosi cistica, malattia genetica che altera le secrezioni di molti organi e in particolare di bronchi e polmoni, causando ristagno di muco e quindi infezioni e infiammazioni sempre più gravi, fino a portare all'insufficienza respiratoria. Raramente però si fa ricorso al trapianto prima dell'adolescenza.
"Solitamente i bambini con fibrosi cistica non hanno necessità di trapianto di polmoni prima dell'adolescenza. In questo caso però la paziente di soli 6 anni ha raggiunto precocemente uno stadio di grave insufficienza respiratoria - ha spiegato Michele Colledan -. In entrambi i casi il ricorso a tecniche di divisione del polmone ci ha consentito di trapiantare organi che altrimenti non avremmo potuto utilizzare, con un rischio di morte in attesa del trapianto molto elevato".
Entrambi gli interventi sono durati quasi otto ore e hanno visto un'èquipe del Papa Giovanni recarsi in altri ospedali per prelevare gli organi dai donatori. Il primo trapianto, con tecnica split usando un solo polmone per la bimba di 6 anni, ha visto impegnati nel prelievo tre chirurghi donne: Stefania Camagni, Mara Giovanelli e Giulia Carrara. La divisione del polmone, una volta al Papa Giovanni, è stata eseguita da Michele Colledan e Stefania Camagni. In sala operatoria, oltre a Colledan, anche il chirurgo Francesco Palmieri, gli anestesisti Bruno Carrara, Magda Khotcholava e Sergio Barbieri, le strumentiste Nadia Magri e Vanila Gotti, gli infermieri Isaia Urbano, Denise Magri, Barbara Rossi e Leila Lodetti. Durante la fase chirurgica del trapianto le funzioni cardiache e polmonari della bambina sono state supportate da un sistema extracorporeo di circolazione reso possibile dal lavoro e dall'esperienza dei cardiochirurghi Francesco Seddio e Nicola Uricchio e dei tecnici della perfusione Davide Ghitti, Andrea Ariano e Gabriele Micci.
Per il secondo trapianto,che ha utilizzato i due lobi inferiori dei polmoni del donatore, Marco Zambelli, Sara Maritato e Giulia Carrara hanno prelevato gli organi, divisi poi dal responsabile della Chirurgia toracica del Papa Giovanni XXIII Alessandro Lucianetti e da Marco Zambelli. Sempre Alessandro Lucianetti ha poi eseguito il trapianto con Michela Guizzetti. Presenti in sala anche gli anestesisti Valter Sonzogni e Ilaria Busi, gli strumentisti Vanila Gotti, Daniela Colombo e Adelaide Ravasio, gli infermieri Paola Maj, Laura Rota, Marisa Bossi, Danilo Gerenzani, Eleonora Rota e Barbara Rossi. Anche in questo caso decisivo il lavoro svolto per supportare le funzioni cardiache e polmonari della bambina ricorrendo ad un sistema extracorporeo di circolazione, che ha visto coinvolti il cardiochirurgo Duccio Federici e i perfusionisti Davide Ghitti, Justin Ioan Catalin Silvas e Gabriele Micci.
Fondamentale anche l'apporto dei professionisti della Pediatria e della Terapia intensiva pediatrica del Papa Giovanni, che hanno seguito le due bambine prima e dopo il trapianto. In particolare, subito dopo l'intervento, per garantire un'adeguata ripresa della funzionalità degli organi, per entrambe le pazienti si è fatto ricorso alll'ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), macchina che sostituisce le funzione dei polmoni e/o del cuore mantenendoli a riposo, per cui il Papa Giovanni XXIII è l'unico centro pubblico lombardo autorizzato all'utilizzo in campo pediatrico.
L'attività di donazione/trapianto all'Ospedale Papa Giovanni XXIII
Lo scorso anno al Papa Giovanni XXIII di Bergamo sono stati eseguiti 165 trapianti di organi e 153 trapianti di tessuti, posizionandosi, in Lombardia, secondo i dati 2017, come secondo centro per volumi di attività per i trapianti di cuore, di fegato e di polmone e il quinto per i trapianti rene. Nell'area NitP (Nord Italia Transplant Program), uno dei tre centri di coordinamento interregionali sui quali si basa l'organizzazione dei trapianti nel nostro Paese, il Papa Giovanni si conferma terzo centro per i trapianti di fegato e di polmone, quarto centro per i trapianti di cuore e ottavo centro per i trapianti di rene. Il Nitp raggruppa, oltre a quelli lombardi, anche gli ospedali di Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Trentino e Veneto.
Essenziale l'apporto anche sul fronte della donazione, sotto la guida del Coordinamento prelievo e trapianto d'organo affidato a Mariangelo Cossolini. L'Ospedale di Bergamo è infatti al primo posto in Lombardia e al secondo nell'area NitP, sia per i donatori segnalati (42) che per quelli utilizzati (26). Nel corso del 2017 a Bergamo sono stati anche eseguiti a Bergamo tre prelievi multiorgano da donatore deceduto per arresto cardiaco, tra i quali il primo prelievo in Italia in contemporanea di polmoni, fegato e reni: il prelievo in questi casi è stato possibile grazie all'utilizzo della perfusione extracorporea gestita dai perfusionisti Gabriele Micci e Davide Ghitti.